Non si nasce donne, si diventa – parola di Simone de Beauvoir
Nel corso dell’’800 le donne acquistano un’ulteriore consapevolezza della propria condizione, nacquero i primi movimenti femministi che rivendicarono in particolare il diritto al voto e il riconoscimento della parità tra uomo e donna. Le lotte politiche di stampo rivoluzionario, iniziate nel Regno Unito e negli USA, si diffusero nel giro di qualche decennio in tutta Europa, dove esplose nel ‘900 la seconda ondata di femminismo, che ha portato alla conquista di numerosi diritti come quello all’aborto, al divorzio e all’autodeterminazione.
Ringraziamo Harriet Taylor, che in questo processo di emancipazione cercò di imporre all’attenzione del dibattito politico e filosofico la condizione di dominio subito dalle donne nelle famiglie e società; era convinta che l’emancipazione cominciasse dalla parità giuridica (e il tempo le ha dato ragione).
Simone de Beauvoir, esponente del movimento femminista differenzialista, fu il punto di riferimento per le generazioni femminili che fecero il ‘68 francese.
Industrializzazione e urbanesimo: donne si va in fabbrica!
È in questo momento storico che si assiste ad una forte migrazione dalle aree rurali verso i centri urbani, alla ricerca di nuovi lavori offerti dalle fabbriche. Anche le donne entrano a far parte della forza lavoro delle industrie, in particolar modo di quella tessile, contribuendo così al sostentamento economico della famiglia, pur con un salario inferiore rispetto a quello degli uomini.
Lo scoppio della Grande Guerra: donne, al lavoro!
Con la Prima Guerra Mondiale le donne hanno avuto l’occasione di muovere i primi passi verso l’emancipazione e una parificazione dei diritti. Durante la guerra le donne hanno sperimentato per la prima volta un distacco dalle figure maschili. Padri, mariti e figli erano partiti per il fronte e la popolazione femminile per la prima volta si trova a gestire delle proprietà e a dover cercare un’occupazione per il mantenimento della famiglia.
Il secondo dopoguerra: “Girls, We Can Do It!”
A partire dalla fine della Seconda Guerra Mondiale le donne italiane cominciarono a battersi per i propri diritti e la propria libertà, iniziando così ad ottenere i loro primi riconoscimenti. Il 2 giugno 1946 ottennero il diritto al voto e nel 1948 con l’entrata in vigore della Costituzione Italiana, vennero sanciti alcuni principi fondamentali in tema di parità di diritti tra uomo e donna.
Queste nuove concessioni non erano viste positivamente da molti, e per questo furono per lungo tempo disattese.
1968: émancipation, nous l’avons!
A partire dal ‘68 si diffonde in Italia la seconda ondata del moto femminista. Ricordiamo, le prime rivendicazioni femministe risalgono all’Ottocento, quando i movimenti rivoluzionari erano guidati dal desiderio di emancipazione. Nel Novecento, invece, quello che si vuole ottenere è una parità dei diritti, il rispetto degli stessi e l’affermazione di una propria identità femminile.
Abbiamo dunque visto nel dettaglio come, nel susseguirsi dei secoli, ci sia stata una profonda evoluzione del ruolo femminile. Era normale che la donna si occupasse unicamente di mansioni familiari e di cura e che, quindi, lavorasse in casa, al contrario dell’uomo, che era libero e impegnato in ruoli economicamente e socialmente riconosciuti. Di fronte ai mutamenti storici, anche la forza lavoro e lo status delle donne hanno subito dei cambiamenti, e questo ha permesso di muovere i primi passi verso una radicale trasformazione socioculturale.
Le donne cominciarono a lavorare e a capire di essere valide tanto quanto gli uomini, soprattutto durante le due guerre mondiali, quando hanno dovuto sostituire nei loro compiti gli uomini, chiamati a combattere. La donna oggi è lavoratrice e cittadina, non può più quindi sottostare al potere dell’uomo e la sua forza lavoro, da sempre esistita nella storia, ma non sempre riconosciuta, oggi ha un importante peso in piena società industrializzata, soprattutto da un punto di vista economico e produttivo.
Tuttavia, questa rivoluzione non è avvenuta in tutto il mondo. In alcuni paesi la donna deve ancora affrontare l’autorità delle figure maschili di cui è circondata, privata della maggior parte dei diritti. La strada verso la parità dei sessi rimane ancora lunga, tortuosa e difficile da percorrere. Tuttavia i progressi fatti nel mondo occidentale lasciano ben sperare che un giorno la donna possa finalmente avere gli stessi diritti dell’uomo in tutto il mondo.
GIULIA POLEI e GAIA SARACINI, 5B ESABAC
One Comment
Elisa Pesaresi
Come già analizzato nell’articolo, il percorso delle donne verso l’emancipazione e il loro ottenimento di pari diritti è stato molto difficoltoso e pieno di insidie. A giorno d’oggi ci sono ancora molti pregiudizi sulle mansioni delle donne nel mondo del lavoro. Le donne incominciarono a ricoprire ruoli una volta solo maschili come quello da magistrato dal 1963 o da poliziotta dal 1981. Le ragioni per le quali le donne a quel tempo erano considerate inferiori o non in grado di svolgere ruoli del genere, erano del tutto infondate, basate su dei stereotipi riguardo la natura della donna. Far svolgere un lavoro come quello da magistrato era “rischioso” perché ad esempio le donne venivano considerate lunatiche durante il periodo delle mestruazioni. Ciò poteva far prender loro scelte sbagliate al momento di giudizi o decisioni.
Oggi fortunatamente nel settore giudiziario troviamo molte donne magistrato o che ricoprono ruoli decisionari importanti.
Posso citare un esempio molto recente di Margherita Cassano che dal 5 marzo scorso è diventata prima Presidente della Corte di Cassazione. E’ considerata il giudice di più alto grado del Paese e mai era stata una donna a diventarlo. Possiamo considerare questo evento come l’ennesima dimostrazione concreta che a livello professionale una donna ha le stesse capacità di uomo.