Il tema della carne coltivata (chiamata erroneamente “sintetica” o “artificiale”), che consente di “generare” la carne animale da cellule staminali, è uno dei più discussi negli ultimi tempi in tutto il mondo e l’Italia ha in proposito commesso recentemente una gaffe da non dimenticare: il Ministro Lollobrigida ha citato un rapporto dell’OMS per attaccare questo progetto, parlando di rischi per la salute: “la carne realizzata in laboratorio ha 53 rischi per la salute”, ma in realtà quel documento diceva tutt’altro!
La carne coltivata al momento è estremamente costosa nei luoghi in cui è legale la sua vendita, ma in futuro il prezzo andrà a diminuire e sarà un’eccellente alternativa alla carne ottenuta attraverso il macello.
Parliamo ad esempio dei cambiamenti fondamentali introdotti dalla carne coltivata; rispetto ai prodotti di macelleria, la carne coltivata è migliore sia da un punto di vista etico, perché non non è necessario uccidere il bestiame e riduce i rischi di crudeltà sugli animali, ma soprattutto da quello economico, dato che riduce drasticamente l’impatto monetario e ambientale dell’industria della carne.
Ovviamente le opinioni a riguardo sono contrastanti: qualcuno è d’accordo con l’introduzione della carne coltivata perché risulta un’ottima soluzione a molteplici problemi, mentre altri rifiutano di cibarsi di un qualcosa di “sintetico”, creato artificialmente in laboratorio (dimenticandosi che ogni giorno mangiano cibi pieni di conservanti e altri elementi chimici e artificiali).
Se vogliamo spiegare più precisamente la tecnica con cui si ottiene questo prodotto finale, il tutto consiste nel prelievo di cellule muscolari che poi vengono nutrite con proteine che aiutano il tessuto a crescere; la stima generale di due mesi di produzione di carne in vitro è la produzione di circa 50.000 tonnellate di carne da dieci cellule muscolari suine.
Teoricamente si può creare il tessuto muscolare di qualsiasi animale, anche dell’uomo, rendendo così possibile l’applicazione di questa tecnica in campo medico.
Gli allevamenti per la produzione di carne riducono notevolmente le risorse disponibili, impattando così più profondamente il clima; la popolazione continua ad aumentare e le risorse (acqua e terra) scarseggiano. La carne coltivata in laboratorio risolverebbe questo problema dato che richiederebbe meno terra e meno acqua, precisamente circa il 99% in meno.
Un altro vantaggio fondamentale è basato sulla nostra salute. Nella produzione tradizionale di carne è molto probabile che si diffondano a macchia d’olio malattie come l’influenza aviaria, il morbo della mucca pazza e il virus della peste suina africana a causa delle condizioni di vita degli animali da allevamento; inoltre gli antibiotici che di solito vengono usati per contrastare questo problema, stanno perdendo la loro efficacia e, oltre a danneggiare il nostro sistema immunitario, aumentano il rischio di cancro.
Fra il 2018 e il 2019, in Cina sono morti o sono stati abbattuti circa 225 milioni di maiali per via della diffusione della peste suina africana, ovvero circa un quarto della popolazione suina mondiale.
La carne coltivata in laboratorio esclude tutti i rischi di salute precedentemente elencati ed è più sicura da mangiare quando si tratta di batteri; le cellule utilizzate nella produzione di carne coltivata vengono attentamente vagliate per assicurarsi che non siano contaminate da agenti patogeni infettivi.
I prodotti a base di carne che vengono coltivati da cellule sono inoltre privi di contaminazione da batteri fecali come E.coli, Salmonella e Listeria, batteri che vivono nell’intestino di un animale e possono contaminare la carne quando l’animale viene macellato.
Abbiamo già parlato di allevamenti su scala industriale, perciò possiamo parlare dell’emissione di gas serra a causa di questi: gli allevamenti, soprattutto quelli bovini sono la causa della produzione e il rilascio nell’atmosfera di gas serra come CO2 e metano.
La domanda che ci si è posti è se la carne coltivata libera più molecole di CO2; purtroppo la risposta è sì perché è necessaria una grande quantità di energia per produrre carne in laboratorio, ma la produzione di metano è di gran lunga inferiore ed è proprio quest’ultimo che contribuisce di più al riscaldamento globale rispetto alla CO2.
Finora i prodotti animali coltivati in laboratorio sono ancora in una situazione di stallo parlando di economia. Singapore e gli Stati Uniti per ora sono gli unici due paesi nel mondo che permettono la coltivazione di prodotti alimentari in laboratorio e la vendita legale ai consumatori; l’Europa sta ancora valutando i potenziali rischi di questa nuova tecnica.
Parlando nel caso specifico dell’Italia e tornando al dibattito iniziale: il 28 marzo 2023, il ministro dell’agricoltura italiano, Francesco Lollobrigida, ha dichiarato che il Bel Paese sarebbe diventato il primo a vietare gli alimenti coltivati in laboratorio. Il motivo enunciato è quello di proteggere gli agricoltori italiani ma anche i dubbi sulla qualità degli alimenti sintetici e la minaccia rivolta al patrimonio culinario italiano.
In tutto ciò abbiamo però potuto vedere che la carne coltivata in laboratorio è molto più sostenibile e sicura e che le preoccupazioni di alcune persone si fondano su disinformazione e ignoranza.
Inoltre dopo i recenti disastri dell’alluvione, sarà il caso di riprendere almeno in considerazione questo “piano B”…
GIULIA AMIRA GIULIODORO, 5B ESABAC