Nella notte tra il 25 Febbraio e il 26 Febbraio, un barcone carico di migranti viene avvistato al largo delle coste calabresi. Si stima a bordo della barca circa 180 persone tra neonati, donne e uomini. La tragedia alle 4 del mattino: l’imbarcazione di legno si spezza a 100 metri dalla spiaggia di Cutro, a Crotone. Si contano all’incirca 67 vittime!
Dalla Turchia fino all’Italia, queste persone hanno sfidato le correnti con la possibilità di ritagliarsi ancora una speranza di vita diversa… Ma cos’è successo?
Orari, avvisi, comunicazioni e scambi d’informazioni tra Frontex (l’agenzia che presidia i confini dell’Unione europea), Guardia di Finanza e Guardia Costiera: tutto adesso è sotto la lente degli inquirenti. Le dichiarazioni che arrivano dalla capitaneria di porto dicono che queste persone si potevano salvare. Perché non c’è stato l’intervento della Guardia costiera? La segretaria del Partito Democratico Elly Schlein protesta: “Attendiamo il risultato delle indagini, ma dal punto di vista delle responsabilità politiche, le dichiarazioni di Piantedosi esigono le dimissioni”. In Europa, secondo la Schlein, bisognerebbe richiedere una missione di soccorso e una riforma del regolamento di Dublino, un trattato internazionale insomma in tema di diritto di asilo.
Anche in questo caso, il governo con i fatti ha dimostrato la sua posizione verso la disperazione delle persone che migrano, sentimenti e situazioni che il ministro italiano Matteo Piantedosi, sembra non aver mai considerato nemmeno da lontano.
Raccogliendo varie testimonianze, abbiamo saputo di Shahida Razza, una delle vittime del naufragio. La giovane era la capitana della nazionale femminile di hockey su prato in Pakistan: non era l’unica disciplina che praticava e infatti giocava anche a calcio con il Balochistan United.
Un altro giovane era Chintoo, ventisettenne di origine hazara sciita. Nella sua città natale, Quetta, il ragazzo partecipava attivamente all’interno del mondo dello sport e, giocando a calcio, pensava di realizzarsi, credendo nell’idea di una possibile integrazione tra le varie etnie.
Tornando al discorso del naufragio, le vere e pesanti polemiche per il ritardo dei soccorsi si fanno largo solo ora, accanto alle immagini drammatiche delle bare dei migranti deceduti per l’annegamento. E sono principalmente quelle bianche, dei bambini, ad aumentare lo scempio.
Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella l’1 marzo arriva a Crotone per rendere omaggio alle vittime del naufragio. Appena arrivato, è accolto da diversi applausi e ha donato giocattoli ai bambini sopravvissuti: qualche peluche e alcuni strumenti musicali. Si è poi recato al Palasport di Crotone, dove, con il prefetto della città, Maria Carolina Ippolito, si è raccolto in alcuni minuti di rispettoso silenzio di fronte alle bare. Questa visita in Calabria da parte del presidente è un simbolico, ma importante, segnale di vicinanza alle vittime e si contrappone alla linea adottata dal Governo, che fin dalle prime ore ha scaricato la responsabilità della tragedia sui naufraghi stessi e non sui mancati soccorsi.
I migranti e i profughi fuggono da guerre, da discriminazioni e da torture, ma sono costantemente, ormai da molti anni, di fronte alla fatidica domanda: è meglio rischiare di morire in mare o morire torturati nel proprio paese? Il sogno di una vita migliore è un’aspirazione legittima.
LUCA FILIPPETTI e ILEA ROSSI, 5B ESABAC
[NDR: “Il sogno di una vita migliore è un’aspirazione legittima”, ve lo racconteranno 4 donne “spezzate” dalla caduta di Kabul sotto il governo talebano nel prossimo imperdbile podcast di SB On Air: “I diritti sono privilegi se non li hanno tutti”, NON PERDETEVELO!]