Vi sarete mica scandalizzati, vedendo questa immagine di un bassorilievo dal sarcofago di Cornelio Stazio?
La scena risalente al III secolo d.C. mostra una donna che allatta un bambino sotto lo sguardo di un uomo (il reperto è conservato al Musée du Louvre, Parigi)
No no, nessun imbarazzo o stupore nell’apprendere che nell’antica Roma il comportamento delle donne nobili doveva rispettare un’ideale femminile molto preciso, ovvero quello della matrona.
Forse vi domandate quale fosse “il lavoro della matrona”: durante l’arco della sua vita, il suo scopo consisteva nel concepire figli e figlie ed educarli con i solidi principi della morale latina, il mos majorum. Fin dall’infanzia, le bambine venivano preparate a svolgere un ruolo a partire dalla cerimonia di nozze, ovvero alla promessa sposa, ancora bambina, veniva messo un anello al dito, dal quale si riteneva partisse un nervo che andava fino al cuore, e da quel momento in poi la sposa-bambina attendeva il matrimonio come l’evento più importante della sua vita e con cui avrebbe dato inizio al suo ruolo di donna nella societas latina.
Quell’anello della tradizione romana aveva un nome, la fides, ed è rimasto talmente famoso fino ai nostri tempi al pnto che il dito, collegato al nervo cordiale, si chiama appunto anulare (dito dell’anulus, dell’anello).
Oltre al ruolo di madri, le donne erano comunque soggette a molte limitazioni, come il fatto che la loro vita era sottoposta ad una presenza ed a una tutela maschile costante (padre, fratelli, marito, figli maschi).
Inoltre, come se non fosse abbastanza in alcuni casi in caso di morte di queste figure maschili,
le donne non ereditavano nulla e non potevano nemmeno disporre dei propri beni per i loro figli: un esempio molto eloquente di questa austeritas, ossia di questo rigore morale latino, è la storia della matrona Cornelia, madre dei fratelli Gracchi. Alla domanda del perché non indossasse qualche gioiello prezioso, lei aveva orgogliosamente risposto: “Questi sono i miei gioielli”, indicando i suoi due figli maschi.
Beh allora le donne erano anche escluse dalla vita politica, perciò non potevano votare nelle assemblee dove si sceglievano i magistrati ed era loro
vietato l’accesso ai compiti considerati esclusivamente maschili. Questa
esclusione si mantenne per tutta la storia di Roma, come afferma nel III
secolo d.C. il legislatore Ulpiano: «Le donne sono escluse da tutte le
funzioni civili e pubbliche e per questo non possono essere giudici, né
ottenere una magistratura, né essere avvocate, né intervenire a favore di
qualcuno, né essere procuratrici».
Ah che dura vita quella della matrona romana !-)
LINDA BELELLI, 2BL
One Comment
Enrico Francescangeli
Personalmente penso che la vita delle matronae ai tempi dei romani sia una vita totalmente ingiusta, poiché avevano pochissimi diritti e venivano trattate in modo inferiore da parte degli uomini. Con il tempo, tuttavia, la condizione della donna sta migliorando; in Italia un grande passo fu fatto nel 1946, quando finalmente le donne italiane ottennero il diritto di voto, cosa negata a loro negli anni antecedenti. Però bisogna dire che l’Italia fu uno tra gli ultimi stati a introdurlo in Europa e ancora oggi la condizione della donna è ancora non paritaria specie rispetto a quella che c’è negli altri paesi europei e questa non è una cosa affatto positiva. Ci sono paesi come Norvegia, Finlandia e Islanda dove la condizione della donna è buonissima; infatti in questi paesi l’uomo e la donna sono totalmente visti nello stesso modo e con gli stessi diritti, mentre in stati come l’Afghanistan, lo Yemen e la Siria la condizione della donna è praticamente inesistente spesso a causa di guerre civili e integralismi religiosi