Italo Svevo, nelle sue opere, in particolare in “La Coscienza di Zeno”, presenta l’“inetto”, un personaggio incapace di adeguarsi alla vita comune. Zeno Cosini è inetto di fronte alla vita, ma al contrario degli altri, come sua moglie Augusta che è perfettamente sana, è cosciente della sua malattia. I lapsus e gli atti mancati nel corso della storia, come quello di partecipare ad un funerale sbagliato anziché a quello del suo rivale Guido, non sono altro che rivelazioni delle sue reali intenzioni. Proprio per questo Zeno è un narratore inattendibile: mente, a volte perfino a se stesso, e costruisce idee sulla base della sua coscienza. Si mostra felice al fianco di Augusta ma è come se provasse diffidenza per quella “normalità” che non conosce. Manipola i suoi ricordi attraverso la rimozione, cancellando i più dolorosi: ricorda solo gli aspetti positivi del padre per compensare i suoi sensi di colpa mentre in realtà ha sempre avuto un rapporto ostile con lui, confermando così il “complesso di Edipo”, un concetto secondo il quale il bambino sperimenta un rifiuto nei confronti del genitore dello stesso sesso e si sente attratto dal genitore di sesso opposto.
Anche se Zeno inizia la psicoanalisi per guarire dalla sua malattia, alla fine del romanzo si accorgerà di non poter trovare la salute nel mondo in cui vive. L’unica cura possibile per avere un mondo “privo di parassiti e di malattie” sarebbe una catastrofe che portasse all’estinzione del genere umano.
Tutte le caratteristiche che troviamo in questo romanzo, quali la crisi dell’individuo, gli atti mancati, i lapsus, la rimozione, il complesso di Edipo, non sono altro che concetti analizzati da Sigmund Freud, psicoanalista del Novecento che influenza i romanzi di questo secolo. Freud indaga i meccanismi dell’inconscio e Svevo si basa proprio sulle sue teorie, non considerando però la psicoanalisi una terapia per guarire dalla nevrosi.
Il malato è perciò colui che è consapevole della vita, che si pone interrogativi su di essa senza trovare risposta ed è in continua ricerca di un miglioramento. Questa peculiarità è presente anche nei personaggi di Pirandello: “Uno, nessuno, e centomila” inizia con Moscarda che si guarda allo specchio e non appena la moglie gli fa notare un difetto che non aveva mai visto prima di allora, scopre che gli altri lo vedono in maniera differente e inizia il suo tormento. La piena coscienza di sé lo porta alla malattia in quanto “la salute non analizza se stessa e neppure si guarda allo specchio”.
Il tema della crisi d’identità, della malattia dell’individuo è ricorrente nel Novecento anche in letterature diverse da quella italiana. Virginia Woolf nel suo romanzo “La Signora Dalloway” presenta il personaggio di Clarissa Dalloway e una sorta di suo alterego Septimus Smith. Seppur per motivi diversi entrambi sono infelici e si sentono oppressi e tormentati dalla vita. Clarissa si sente intrappolata nella vita che ha scelto e non riesce a discostarsi dagli interrogativi che la tormentano e dai continui flashback che le si presentano. La mente di Septimus è invece perennemente tormentata dalla sua nevrosi di guerra e dallo shock subito in trincea.
Sebbene i due personaggi siano due inetti, il loro destino è differente: Septimus decide di togliersi la vita mentre Clarissa decide di accettarla, e per quanto prova dispiacere nel sentire la notizia di Septimus, si sente paradossalmente sollevata da questa.
Possiamo quindi affermare che la malattia che manda in crisi il soggetto può nascere proprio dal fatto di non riuscire ad adeguarsi alla vita che si conduce. Essa fondalmentalmente ci terrorizza perché siamo consapevoli che non sapremmo controllarla o cambiarla mai.
Nel romanzo psicologico “Follia” di Patrick Mcgrath del 1996 viene presentata dettagliatamente la figura del folle, privo di logica comune ma che vede oltre quello che percepiscono tutti gli uomini. Il romanzo narra la vicenda di Stella, moglie di uno psichiatra che, infelice della sua vita, si innamora di un paziente psichiatrico del manicomio e che quindi viene a sua volta ricoverata. Mcgrath descrive il funzionamento mentale di tutti i personaggi principali, lasciandoci intuire che nella mente umana si innescano meccanismi incontrollabili come conseguenza della troppa o della troppo poca consapevolezza di se stessi e della vita.
CHIARA TRICARICO, 5BL