“Le donne tra passato e presente”
Oggi voglio parlarvi della donna e della sua evoluzione sociale nell’arco della storia.
La storia ci racconta che la donna è stata sempre, o quasi, posta ad un livello più basso rispetto all’uomo. Il motivo è dato dal fatto che lei era considerata solo madre e nutrice dei discendenti della famiglia e proprietà di suo marito, che esercitava, soprattutto in passato, un vero e proprio dominio su di lei. Considerata debole e fragile sia dal punto di vista fisico che dell’intelligenza, era considerata incapace di gestire grandi affari o, persino, di imparare a leggere o a scrivere.
Ciononostante, ogni epoca storica ha smentito questa convinzione, e ha avuto le sue figure femminili di spicco: nell’antico Egitto abbiamo ad esempio Nefertiti, che per un lungo periodo ebbe un grande potere politico, alla pari del suo consorte; eccellenza di governo femminile a tutti gli effetti è stata sicuramente Cleopatra, la quale regnò fino alla decadenza egiziana, intrattenendo rapporti politici con personaggi di spicco di Roma come, ad esempio, Cesare e Marco Antonio.
Roma aveva un atteggiamento più paritario verso le donne rispetto alla Grecia. Le donne dell’antica Grecia erano considerate esclusivamente strumento di procreazione, usate per “fornire” futuri guerrieri e per il resto erano poste sotto l’obbedienza e la repressione maschile e relegate nel gineceo.
Nel Medioevo l’importanza del “gentil sesso” presenta varie sfaccettature. Ricordiamo che la Chiesa, sempre operando per il volere di Dio, ha perseguitato per secoli gli “eretici” e soprattutto coloro che si macchiavano di “stregoneria”, accusa prevalentemente attribuita alle donne.
Le donne dei ceti più poveri erano manodopera per la casa e per i campi; in quelli aristocratici erano costrette a sposare un uomo scelto dal proprio padre, da cui erano controllate fino allo sposalizio, per poi passare sotto il “dominio” assoluto del consorte.
Atti di tradimento da parte delle mogli o delle promesse spose, erano puniti perfino con la morte.
Tuttavia, anche nel corso del Medioevo la donna comincia ad avere una certa rilevanza, se non altro dal punto di vista della produzione letteraria. Ne sono testimonianza le donne della letteratura italiana: Beatrice per Dante, Laura per Petrarca. Boccaccio, poi, la vede come “colei che soffre di più” e come rappresentazione antonomastica della potente forza dell’amore.
Beatrice è il tramite con Dio, Laura è colei che viene posta all’apice e presenta, per la prima volta, un immenso potere su colui che l’ama, mentre Boccaccio la allontana dalle pene amorose, dedicandole uno scritto e facendone un essere da preservare.
Le correnti letterarie dal Cinquecento sono numerose e si differenziano molto tra loro, ma la posizione del femminile al loro interno hanno un risvolto eccezionalmente positivo per chi verrà dopo. Le donne, animatrici dei Salons settecenteschi, sono a tutti gli effetti facilitatrici della circolazione delle idee illuministiche, e aprono il gentil sesso a un protagonismo sempre più evidente.
Un esempio di spicco durante il Romanticismo è Madame de Staël, che rappresenta la progressiva emancipazione femminile all’interno della società letteraria. La sua ampia preparazione ed il suo viaggiare l’hanno resa un modello, insieme ad altre donne del suo tempo, di un risveglio nel protagonismo delle donne.
I grandi eventi della storia di inizio Novecento la vedono ricoprire ruoli, di solito affidato agli uomini. Durante il primo ed il secondo conflitto mondiale, gli uomini, impegnati nella guerra, favorirono un impiego delle donne in tutte le mansioni, cosa che accelerò la loro emancipazione; iniziò a confluire nelle mani delle donne anche il potere decisionale sulla loro vita e su quella dei propri figli.
La parità rivendicata diventa fattuale. In Italia, il 31 gennaio 1945, quando venne emanato il decreto legislativo che conferiva il diritto di voto alle italiane che avessero almeno 21 anni (allora considerata la maggiore età), la lunga lotta per il diritto di voto, iniziata nel XIX secolo, si concretizza. Da quel momento in poi, le lotte contro ogni discriminazione, hanno consentito alle donne di conquistare più potere sociale, consentendo loro di ricoprire ruoli che prima erano accessibili solo agli uomini: politico, medico, giudiziario, forze dell’ordine, esercito.
Tuttavia, ancora al giorno d’oggi, sono ancora molto radicate molte forme di pregiudizio, che compromettono le relazioni fra uomini e donne. Se si può dire che la donna ha oramai raggiunto la quasi totale emancipazione, in quanto ella può accedere a qualsivoglia mansione e status sociale senza essere giudicata per il proprio sesso, c’è ancora molta strada da fare per rifondare le relazioni fra i generi su nuove basi.
L’evoluzione nei ruoli, non deve indurci a sottovalutare i dati reali.
Negli ultimi anni il tema della violenza sulle donne in Italia e nel mondo è diventato un argomento di estrema attualità. La cronaca è piena di episodi sconvolgenti e crudeli; secondo la Polizia ogni giorno 88 donne sono vittime di atti di violenza, questo vuol dire una ogni 15 minuti. Per un italiano su quattro (uomini, ma anche donne), la violenza sessuale sulle donne è colpa di come si vestono e quasi il 40 per cento degli intervistati ritiene che sia impossibile sottrarsi ad un rapporto sessuale non voluto. Gran parte delle violenze contro le donne avviene tra le mura domestiche e i dati a livello nazionale dicono che una donna su tre ha subito nel corso della sua vita almeno un episodio di violenza. Ancora oggi i media raccontano inadeguatamente i casi di violenza, in maniera sensazionalistica e morbosa, e hanno anche la responsabilità di concorrere a creare gli stereotipi di genere.
Avremmo bisogno di una diversa informazione, che non scriva, ad esempio nei casi di femminicidio, che si è trattato di “raptus di gelosia” o che l’uomo che ha ucciso una donna venga definito un “gigante buono”.
Leggendo tutti questi numeri e le statistiche sembrerebbe che quella contro la violenza sulle donne sia una battaglia impossibile da vincere.
La Legge del Codice Rosso che prevede tempi più brevi per le denunce di violenza non funziona bene; le avvocate dei centri antiviolenza sostengono che fra i problemi connessi alla nuova legge c’è la mancanza di risorse, la quale impedisce l’incremento del personale o di corsi specifici per la formazione, assolutamente fondamentali, per evitare il rischio che la donna ferita trovi dinanzi a un magistrato o una magistrata, un poliziotto o una poliziotta che non sono preparati a gestire la delicatezza del caso di una violenza subita.
Credo in generale che il carcere non sia risolutivo e che la questione vada affrontata sul piano culturale, iniziando sin dall’asilo ad educare diversamente le generazioni future, dando voce alla storia delle donne nei libri di scuola, cambiando i modelli pedagogici e insegnando l’importanza delle relazioni e dei sentimenti.
MICHELA GALLETTI MORODER, 5C ESABAC
[NDR: seguiteci su SB On Air nella nostra speciale trasmissione dell’8 marzo per scoprire “la nostra lettura” della storia di una grandissima Donna: a presto, allora, care ascoltatrici e cari ascoltatori;-]
7 Comments
sofia.latini
Nel 2020 mi aspetto, che le donne, vittime di violenza, vengano aiutate e che si cerchi di fare di tutto pur di arrestare il colpevole. Ma purtroppo, nella maggior parte dei casi alla donna in questione vengono poste le seguenti domande: “Lei aveva la biancheria intima quella sera? Si ricorda di aver cercato su internet il nome di un anticoncezionale quella mattina? Lei trova sexy gli uomini che indossano i jeans?”, oppure vengono dette cose del tipo: “Se le donne non vogliono essere stuprate devono smetterla di vestirsi da poco di buono”. Ci rendiamo conto della gravità della situazione? Al giorno d’oggi una donna non può essere libera di indossare una gonna o una maglia scollata perché c’è il pericolo che un uomo possa stuprarla. È come se un ladro entrasse dentro una casa con la porta aperta e rubasse un oggetto. Anche se il padrone della casa avesse lasciato la porta aperta, ciò non permette al ladro di rubare. Le donne devono essere se stesse e questo non può essere considerato un reato. Negli ultimi anni, inoltre, come viene riportato dall’articolo qui sopra, sono aumentati anche i casi di femminicidio e la maggior parte delle volte questo delitto avviene per mano del marito o del compagno perché non accetta di essere lasciato, di essere rifiutato, non vuole una donna indipendente e che possa fare anche a meno di lui. La donna che osa ribellarsi, lo sfida, gli fa un affronto e questo lui non può permetterlo, così, finisce per ucciderla o sfigurarla in volto, allo scopo di sottometterla e umiliarla. L’uomo deve capire che la donna non è di sua proprietà, deve essere lasciata libera e, anzi, deve affiancarla ed appoggiarla nelle scelte che vuole intraprendere. A questo proposito riporto il discorso fatto in occasione del Festival di Sanremo dalla giornalista Rula Jebreal che si rivolge agli uomini dicendo: “Lasciateci essere quello che siamo e vogliamo essere. Madri di dieci figli o di nessuno, casalinghe o in carriera. Siate nostri complici, compagni e indignatevi quando qualcuno ci chiede che cosa abbiamo fatto per meritare quello che ci è accaduto. Noi donne vogliamo essere libere nello spazio, nel tempo, vogliamo essere silenzio, rumore. Vogliamo essere musica”.
filippo.micucci@savoiabenincasa.it
Hai ragione, si dovrebbe educare fin dalla culla al rispetto e all’uguaglianza. La cosa davvero drammatica è che spesso siano le donne stesse a farsi portatrici di pregiudizi contro il loro stesso sesso /-:
giacomo.capicciotti
Purtroppo la violenza sulle donne è un argomento più che attuale. Ne abbiamo un esempio riguardo a una violenza meno visibile nei paesi che a tutt’oggi sono conosciuti per non dare libertà al genere femminile, come ad esempio l’Afghanistan. In questo paese la legge dà alle donne la possibilità di guidare, ma sono poco più di 1000 le donne che guidano, su una popolazione di oltre 4 milioni di abitanti: un numero irrisorio! Il problema è dunque culturale, in quanto le donne sono sempre state sottomesse lì e solo poche sono abbastanza forti da cambiare il loro presente ed il loro futuro, per esempio prendendo la patente… Le reazioni? Rabbia, sconcerto e stupore… Sono quindi d’accordo che l’educazione per la parità parte dall’infanzia ed è prevalentemente un problema culturale, di diseducazione e di disinformazione.
giorgiaquargnal
Tempo fa mi sono ritrovata a leggere un saggio sulla violenza di genere e, leggendolo, ho trovato una frase tratta dal libro di Miriam Mafai, “Non è un paese per donne. Racconti di straordinaria normalità”, che recitava: “Ho vissuto per quasi cinquant’anni in un paese nel quale i mariti potevano picchiare la moglie per “correggerla”, nel quale l’unica forma di contraccezione prevista era l’aborto clandestino o il coitus interruptus, nel quale le donne non potevano entrare in magistratura, perché – aveva dichiarato alla Costituente un insigne giurista – per alcuni giorni del mese non sarebbero state in possesso dell’equilibrio necessario per giudicare.” Volete sapere di che paese si trattava? Con immenso dispiacere vi dico che si trattava dell’Italia. Leggendo questo spezzone del libro sono rimasta congelata, immobile, ho dovuto rileggere il pezzo per due o tre volte perché pensavo di essermi inventata quello che avevo letto, purtroppo però era la pura e unica verità. Da questo ho capito che le donne del passato hanno lottato con tutte loro stesse e con un’enorme forza di volontà per noi, per noi giovani donne del futuro, per non farci soffrire quello che loro, ma anche le loro madri, le loro nonne, le loro bisnonne hanno subito. Hanno lottato e noi, ritrovandoci qui oggi, abbiamo il compito molto importante di far rispettare quelle leggi che loro hanno ottenuto con sudore e fatica e dobbiamo soprattutto tenercele strette per continuare questo processo di eredità femminista: lo dobbiamo a noi, alle nostre figlie, alle nostre nipoti ma, in primo luogo a loro, alle nostre eroine.
Emily Greco
Nel corso dei secoli, la società ha fatto passi avanti in molti aspetti, ma purtroppo la violenza contro le donne persiste ancora oggi, causando dolore e sofferenza. Questo fenomeno, seppur ampiamente discusso, continua a manifestarsi in modi dolorosi e inaccettabili. La letteratura offre esempi vividi di donne forti e indipendenti, ma anche vulnerabili alla violenza e alla gelosia, come Mirandolina nella “Locandiera” di Goldoni e Carmen nell’opera francese.
Le discriminazioni contro le donne persistono in molte parti del mondo, incluso in alcuni paesi islamici, dove una cultura misogina ostacola l’emancipazione femminile. Recentemente, l’Italia è stata scossa dalla tragica scomparsa di Giulia Cecchettin, una giovane donna uccisa dal suo ex-fidanzato. Questo tragico evento mette in luce il femminicidio come un atto di potere e controllo, non motivato dall’amore, bensì dalla manipolazione e dalla possessività.
La giornata internazionale per l’abolizione della violenza sulle donne, celebrata il 25 novembre, si impegna a sensibilizzare e combattere i pregiudizi che perpetuano questa violenza. Il governo italiano ha istituito il numero 1522 per offrire aiuto e supporto alle vittime. Tuttavia, resta aperta una domanda fondamentale: perché le donne continuano a essere vittime di questi atti barbari e a dir poco disumani? E perché il caso di Giulia Cecchettin ci ha toccato più di altri, suscitando scalpore?
giulia masini
Ho trovato questo articolo molto interessante perché mette in evidenza diverse figure femminili di spicco nella storia, come Nefertiti e Cleopatra nell’antico Egitto, che hanno esercitato un notevole potere politico. Nel Medioevo, donne come Beatrice e Laura sono state importanti ispirazioni letterarie, mentre durante il Romanticismo, Madame de Staël ha rappresentato un modello di emancipazione femminile nella società letteraria. Inoltre, si menzionano le donne che hanno svolto ruoli cruciali durante le due guerre mondiali, contribuendo alla loro emancipazione. Queste figure dimostrano la continua lotta delle donne per l’uguaglianza e il progresso sociale nel corso della storia.
Aurora Cosimi
Questo articolo offre una panoramica storica della condizione femminile, evidenziando sia le conquiste che le sfide affrontate nel corso dei secoli. È interessante vedere come le donne abbiano sempre trovato modi per emergere nonostante le restrizioni sociali e culturali imposte loro. Tuttavia, l’autrice pone giustamente l’accento sul fatto che nonostante i progressi, la violenza contro le donne rimane un problema diffuso e urgente, che richiede azioni concrete e culturali per essere affrontato in modo efficace. La proposta di un cambiamento culturale sin dall’infanzia è particolarmente significativa, poiché sottolinea l’importanza di educare le future generazioni su valori di rispetto, uguaglianza e consapevolezza delle relazioni umane.